

Mobbing familiare: il fenomeno delle oppressioni all’interno di quello che dovrebbe essere il proprio porto sicuro
Le mura domestiche dovrebbero delimitare quel luogo accogliente e gioioso in cui rifugiarsi nei momenti più brutti. Tuttavia, alcune volte diventano scenario di condotte offensive e vessatorie perpetrate nel tempo e finalizzate a mortificare il destinatario, identificabili nel fenomeno del mobbing familiare.
Le origini del mobbing familiare
Il fenomeno del mobbing nasce all’interno del contesto lavorativo, dove viene riconosciuto come un insieme di comportamenti vessatori e/o persecutori, reiterati nel tempo da parte di superiori e/o colleghi con lo scopo di ledere la dignità personale e professionale del lavoratore nonché la salute psicofisica dello stesso.
Da questo concetto ha tratto proprio origine il mobbing familiare, il quale non solo si differenzia dal primo per il contesto nel quale si manifesta, ma si presenta ancora spoglio di tutti quegli elementi necessari a rendere immediata la sua identificazione e la sua tutela dinanzi alle autorità.
Il mobbing familiare, infatti, è un territorio particolarmente inesplorato dalla giurisprudenza, con la conseguenza che per la sua dimostrazione e difesa in giudizio si ricorre all’utilizzo delle nozioni e degli strumenti ormai consolidati nel mondo del diritto del lavoro, suo capostipite.
Tuttavia, al di là delle mancanze che il legislatore dovrà colmare in materia, il primo passo in avanti per la trasposizione del concetto di mobbing dall’ambito lavorativo a quello familiare risale a diversi anni fa, quando la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 21 febbraio 2000, ha valutato come rilevante, ai fini dell’addebito della separazione, il comportamento ingiurioso ed offensivo assunto in pubblico nei confronti dell’altro coniuge.
In che cosa consiste il mobbing familiare?
Il mobbing familiare, nello specifico, identifica i comportamenti denigratori adottati all’interno delle mura domestiche da parte di un coniuge nei confronti dell’altro, il quale sarà vittima di vessazioni che lo indurranno a sentirsi inferiore, a svalutare la propria persona e a porsi in una condizione di totale sottomissione rispetto al partner.
Affinché le condotte del mobber, ovverosia la persona che ricorre a questa forma di abuso, rientrino all’interno del fenomeno in oggetto, è necessario che siano ripetute nel tempo e che, al di là delle innumerevoli nature che possono assumere, quali perversione, sopraffazione, predominanza psicologica, fisica, sociale, economica, sessuale, spirituale, siano finalizzate ad annullare la vittima.
Quale differenza sussiste tra mobbing genitoriale e mobbing coniugale?
Il fenomeno in esame può essere di tipo genitoriale o coniugale. Nel primo caso, in presenza di figli, l’abuso verrà consumato nei confronti dell’altro genitore (più spesso quando l’unione affettiva è venuta meno), in modo tale da minare la sua immagine dinanzi alla prole, ad esempio impedendogli di fatto di ricoprire il suo ruolo, emarginandolo dai processi decisionali che spettano ai genitori o denigrando la sua persona. Nel secondo caso, invece, la condotta vessatoria avrà come scopo quello di attaccare continuamente ed intenzionalmente il partner (a volte al fine di allontanarlo dal tetto coniugale), tramite la prevaricazione su di esso e la lesione del principio di parità all’interno del matrimonio.
Lo stalking familiare come forma di estrinsecazione del mobbing
Il mobbing familiare si può realizzare attraverso l’adozione di diverse tipologie di comportamenti violenti da parte del soggetto agente, nella maggioranza dei casi di tipo psicologico. Tuttavia, una delle forme sicuramente più invasive è lo stalking familiare. Questa forma di persecuzione si sostanzia in atti assillanti, reiterati nel tempo, che inducono nella vittima uno stato di ansia perpetuo, un timore per la propria incolumità e il mutamento delle proprie abitudini di vita.
Il legislatore italiano riconosce all’art. 612 bis c.p. la punibilità di chi pone in essere questa condotta criminosa, aumentando la pena della reclusione nel caso in cui il fatto sia stato commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La perseguibilità del mobbing familiare
Il mobbing famigliare, come detto sopra, non è ancora riconosciuto come autonoma fattispecie di reato. La tutela per la vittima, quindi, avrà luogo per ogni singolo episodio delittuoso, che dovrà essere di volta in volta denunciato innanzi alle competenti autorità.
Tutela in sede civile
In sede civile, invece, considerando che questa forma di abuso finisce per violare i doveri del matrimonio, si potrà ottenere la separazione con addebito. Nello specifico, la vittima dovrà provare la contemporanea sussistenza di quattro elementi:
- ripetizione nel tempo delle condotte; vessatorie-denigratorie
- volontà del mobber di distruggere; psicologicamente la vittima;
- danno psicofisico alla vittima;
- rapporto causale tra la condotta adottata dal mobber e il danno subito dalla vittima.
Una volta prodotte prove certe, in quanto non sufficienti le dichiarazioni della vittima, si potrà ottenere il risarcimento dei danni alla salute ex art. 2043 c.c. conseguenti alle azioni poste in essere dal mobber.
Conclusioni
Sarà interessante monitorare l’evoluzione giurisprudenziale, e nel caso normativa, del mobbing familiare, condotta che ad oggi, come abbiamo visto, non trova una specifica tutela in sede penale, trovando la vittima tutela solo nel caso in cui il mobber compia, nel suo percorso mobbizzante, specifici reati.
Evoluzione che non può prescindere da uno sforzo di chi subisce questo tipo di condotte, che deve rompere il silenzio e trovare il coraggio e le energie di denunciare ogni singola situazione di violenza.