DPCM sono illegittimi? Questo ci indica il GIP del Tribunale di Reggio Emilia

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Emilia ha emesso una sentenza che farà senz’altro discutere, prosciogliendo due soggetti accusati di aver dichiarato il falso nell’autocertificazione.

Il 13 marzo 2020 un uomo e una donna di Reggio Emilia, fermati insieme in pieno lockdown, hanno fornito agli agenti due autocertificazioni nelle quali dichiaravano di essere diretti in ospedale per degli accertamenti. I Carabinieri, dopo una serie di verifiche, hanno scoperto che i due non si erano mai recati nel suddetto luogo nel giorno indicato, non risultando accessi da parte loro ai locali del pronto soccorso.

Alla coppia è stato contestato quindi il reato di falso in atto pubblico (art. 483 c.p.), con successiva richiesta da parte del PM di punizione dei due soggetti mediante decreto penale di condanna.

La sentenza

A distanza di un anno dal fatto il GIP di Reggio Emilia, Dott. De Luca, con la sentenza nr. 54/2021, ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti degli imputati perché il fatto non costituisce reato, sulla base delle seguenti motivazioni.

Le motivazioni

L’intera sentenza si fonda sul principale presupposto secondo cui il DPCM del 08.03.2020, ossia quello contenente l’obbligo di permanenza domiciliare salvo comprovate esigenze tassative da dichiarare, appunto, nell’autocertificazione, sarebbe illegittimo.

Il GIP di Reggio Emilia ritiene infatti che l’obbligo di permanenza domiciliare disposto dal DPCM sia equiparabile a tutti gli effetti ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, applicato però in questo caso senza le garanzie tassative previste costituzionalmente dall’art. 13, secondo cui le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo “… su atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi previsti dalla legge”.

Due le conclusioni a cui giunge il Tribunale Emiliano: la prima, è che il DPCM non può disporre alcuna limitazione della libertà personale, essendo un atto di fonte regolamentare (e quindi non con forza di legge); la seconda, è che in ogni caso neppure una legge potrebbe prevedere una limitazione della libertà personale “generica”, ovvero estesa a tutte le persone indistintamente, come quella dettata dal DPCM, in quanto la Costituzione prevede proprio che gli atti di limitazione della libertà personale siano individuali, diretti nei confronti quindi di specifici soggetti.

Da ultimo, il GIP fa un distinguo tra la privazione della libertà di circolazione, che sarebbe legittima, e quella della libertà personale, illegittima: il DPCM in oggetto deve ritenersi, secondo il Giudice, rientrante non nella prima ma nella seconda categoria, con le conseguenze sopra descritte, in quanto il contenimento della libertà di circolazione presuppone la limitazione per le persone a recarsi in determinati luoghi e non, come invece è per il contenimento della libertà personale, il divieto assoluto di spostarsi di casa.

E ancora, continua il GIP in questa sentenza che possiamo definire rivoluzionaria: il DPCM è atto amministrativo e, come tale, il Giudice deve procedere alla sua disapplicazione quando risulta contrario alla Costituzione, senza sollevare alla Corte Costituzionale la relativa questione di legittimità.

Sulla scorta di questo ragionamento, venendo meno l’obbligo di compilare l’autocertificazione per gli spostamenti, in quanto incompatibile con lo stato di diritto e quindi illegittimo, anche il contestato falso si rivela di fatto un “falso inutile”, per utilizzare le parole del giudicante, che si configura quando la falsità incide su un documento irrilevante.

Per questi motivi, gli imputati sono stati prosciolti con formula piena in quanto il fatto non costituisce reato.

Commento

Uno degli aspetti di maggior rilevanza della sentenza è la natura del DPCM, atto amministrativo che, in quanto tale, non potrebbe limitare la libertà personale (che può essere limitata, come detto, solo nei modi e nei casi previsti dalla Costituzione).

Per completezza, va detto che i DPCM trovano fondamento nel Decreto-Legge del 23.02.2020, poi convertito, che ha dettato le primissime misure di contenimento e che è atto avente forza di legge.

Rimane poi da affrontare l’altra questione cardine: i divieti di spostamento imposti nella pandemia sono da ritenersi limitativi della libertà di circolazione o della libertà personale?

Il quesito, di non facile soluzione, è ancora aperto e apre il fianco a molteplici discussioni su aspetti fondamentali della nostra vita passata, presente e futura.

Avv. Riccardo Gennasi

Avvocato Senior dello Studio Legale Pasquali

 

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