«Molta prudenza a quello che digitate: tutto ciò che scriverete potrà essere usato contro di voi».
Sembra essere questo il senso dell’ordinanza n. 19155/2019 con cui la Cassazione riconosce a Sms ed email efficacia di prova nel giudizio civile.
Il fatto. La vicenda da cui prende spunto la Suprema Corte riguarda il ricorso di un padre separato avverso un decreto ingiuntivo che lo condannava al pagamento delle somme sostenute dalla sua ex, madre del bambino, per le rette dell’asilo.
Il ricorrente, tra i motivi del ricorso, riteneva errato il riconoscimento, da parte del giudice dell’Appello, del valore di prova attribuito agli Sms prodotti in giudizio dalla madre. Ciò in quanto, tali produzioni, avrebbero dovuto avere tutt’al più efficacia indiziaria.
La decisione. La Corte, con l’ordinanza in commento, riprendendo una recente decisione (Cass. 5141/2019), ribadisce come “lo “short message service” (“SMS”) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”, riconducibile per tale ragione nell’ambito di applicazione dell’art. 2712 c.c. Di conseguenza, si deve ritenere che l’sms così inteso formi “piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime”
La medesima considerazione vale anche per i messaggi di posta elettronica (E-mail), i quali costituiscono documenti elettronici contenenti la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.
Disconoscimento. Per quanto riguarda il disconoscimento della conformità ai fatti o alle cose rappresentante negli Sms o nelle e-mail, la Corte ha chiarito che non è sufficiente una contestazione generica, ma è necessario che questa sia chiara, circostanziata ed esplicita, attraverso l’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà formale e realtà riprodotta.
Quali conseguenze? La decisione in esame introduce un’importante novità in tema di onere della prova. Infatti, non sarà più chi ha inviato il messaggio a doverne dimostrare l’invio e la ricezione, ma sarà il destinatario a dover dimostrare concretamente la non rispondenza con la realtà del testo.
Si avrà in altri termini un’inversione dell’onere della prova: dovrà essere l’interessato – e quindi il ricevente i messaggi – a dover dimostrare l’eventuale disconoscimento di queste prove con argomentazioni concrete.
Si tratta, com’è facile intuire, di un importante cambiamento anche in virtù del fatto che fino ad ora, per controllare la veridicità di simili prove, il giudice era costretto a rivolgersi a periti informatici per verificare, ad esempio, che i messaggi fossero stati effettivamente letti o che non si trattasse di falsi informatici. Una procedura che spesso risultava eccessivamente laboriosa e costosa.
Al contrario, da oggi sarà molto più semplice introdurre chat telefoniche e messaggi di posta elettronica nelle aule dei Tribunali e farle valere come prova nei confronti di chi li ha inviati.
Attenzione dunque a come si utilizzano la posta elettronica e gli Sms sul cellulare!